
Quello che vedete non è né cibo, né arte - Galleria Gaburro, Via Cerva, 25 - Milano
(Foto: Locandina ufficiale della mostra)
Mostra in corso dal 30 ottobre 2024 al 31 gennaio 2025
Alla Galleria Gaburro di Milano s'inaugura una mostra collettiva che, a partire dall’aforisma di Daniel Spoerri, rilegge la poetica del Maestro attraverso lo sguardo di una nuova generazione di artisti.
Comunicato stampa della mostra Quello che vedete non è né cibo, né arte
Nella società contemporanea il cibo ha assunto e assume nuove caratteristiche. Riprodotto
costantemente da immagini che popolano i media e i social network, è oggi paradigma della
spettacolarizzazione della vita quotidiana.
Seguendo l’aforisma di Daniel Spoerri che dà il titolo alla mostra, l’esposizione vuole costruire un
dialogo intergenerazionale e intermediale a partire dall’artista romeno, che conserva e preserva
scene di vita ordinaria facendo riferimento alle ritualità spettacolari del consumo dei pasti o
di qualsiasi azione. Inserendosi in un’ampia riflessione sulla quotidianità, sulla ritualità,
sull’alchimia e sul cibo (“sul cibo, con e senza il cibo, attraverso il cibo e il corpo”), quattro artisti
declinano, consapevolmente e in modo sempre differente, un aspetto della poetica di Spoerri.
Quello che vedete non è né cibo, né arte - il titolo del nuovo progetto di Galleria Gaburro nello
spazio espositivo di via Cerva 25 a Milano - esplora l’immaginario di Daniel Spoerri con un percorso
di 27 opere che, dal 30 Ottobre 2024 al 31 Gennaio 2025, sfidano la percezione dei visitatori
intrecciando presenza e assenza, reale, iperreale e surreale.
“Siamo legati a Daniel da circa dieci anni, ci siamo incontrati in Austria durante una festa di
Pentecoste di Hermann Nitsch. Parlando con lui, ho colto quel carisma e quella forza che
appartengono ad un grande maestro. La sua personalità, ruvida ma incredibilmente acuta e
perspicace, mi ha affascinato. Da allora, abbiamo sempre creduto e investito nel suo lavoro. Il nostro
rapporto con Iain, invece, è molto più recente: ci ha accolto nella sua casa-studio a Manchester, e
noi lo abbiamo ospitato qui in Italia. Tra Milano, Verona e Firenze, gli abbiamo fatto scoprire le
meraviglie della storia dell’arte italiana” Giorgio Gaburro, Founder di Galleria Gaburro.
La mostra collettiva - curata da Matteo Scabeni con lavori firmati da Iain Andrews, Leda
Bourgogne, Nebojsa Despotovic, Daniel Spoerri e Malte Zenses - interpreta infatti l’alchimia
della tavola, dove tutto è una trasformazione costante e ripetuta della realtà.
Daniel Spoerri ha segnato una svolta nella storia dell'arte preservando scene di vita quotidiana,
come i rituali legati al consumo dei pasti. La sua pratica, in linea con il Nouveau Réalisme, consiste
nel repêchage di oggetti consunti, de-contestualizzandoli per renderli altro. Nei suoi tableau-piège
(quadri trappola), ricostruisce le architetture delle tavole imbandite, intrecciando simbolismi e
suggestioni intime e biografiche.
Le opere di Iain Andrews ibridano episodi biblici e testi come Paradise Lost, creando vortici di colore
dove forme dettagliate si mescolano a elementi appena accennati per coinvolgere stimoli psicologici
e stratificazioni fisiche di colore e significato. Andrews cattura un’atmosfera surreale e un dolore
esistenziale, liberando l’arte attraverso la leggerezza del gesto pittorico. La stessa leggerezza degli
oggetti appesi alle pareti, intrappolati nella rappresentazione, di Spoerri.
Indagando le pratiche di controllo del corpo, luogo di volontà, Leda Bourgogne esplora il tema
dell’auto-difesa e dell’auto-controllo. Le sue opere, contrapposte per materiali, riflettono un
andamento tra stress e distress, rappresentando un percorso di liberazione e riappropriazione
dell’identità attraverso contrazione, concentrazione e catarsi.
Nebojsa Despotovic si appropria degli anfratti misteriosi della memoria per celebrare la pittura
come narrazione intima e personale. Le sue opere, caratterizzate da atmosfere espressionistiche,
esplorano la quotidianità degli oggetti di Spoerri, creando un nesso tra realtà e soggetto in cui le
figure si collocano sul fragile confine tra ciò che è vero e la deformazione estetica del ricordo.
Le opere di Malte Zenses ampliano il vocabolario della pittura astratta e del nuovo realismo,
integrando ricordi e luoghi in codici astratti. Le sue immagini creano un’armonia tra personale e
impersonale, accompagnando lo spettatore in un percorso di riflessione. La sua poetica esplora
memoria e oblio, offrendo un’educazione al ricordo e alle sensazioni che ci ancorano alla realtà e
alla vita.
Sul segno del gesto artistico di Spoerri, che consisteva nell’attingere da ciò che è reale per agire
nella sua rielaborazione estetica trasformando inevitabilmente l’oggetto in altro, la narrazione della
mostra è infatti costruita attraverso una tensione reciproca tra due dimensioni: l’immanente, il reale
– quel luogo in cui la trasformazione avviene – e l’alchemico, l’oltrereale – quel luogo fisico e
metaforico che si crea dopo l’alterazione della materia. Le differenti visioni poetiche degli artisti si
intrecciano creando un dialogo su questa tensione impossibile tra la realtà e la sua trasformazione
e trasfigurazione, tuttavia pur sempre e inevitabilmente legata alla realtà.
Lo spazio della mostra è dunque uno spazio senza limiti e confini definiti (se non quelli, naturali,
delle opere) in cui questa indagine sul cibo si intreccia alla sua memoria e al suo processo di
trasformazione.
Dunque, “quello che vedete non è né cibo, né arte”.
Informazioni utili per la visita
Orari: da lunedì a venerdì 9.00-13.00 e 15.00-19.00 (sabato e domenica chiuso).
Biglietti: ingresso libero.
Telefono: +39.02.99262529
Sito web: Galleria Gaburro |